Qualche giorno fa abbiamo parlato di Brivio. Interessante leggere quello che scriveva Cesare Cantù, nella seconda metà dell’Ottocento, a proposito del suo paese natale.
Brivio! ah questo nome mi fa battere il cuore. L’ho pur riveduto dopo 25 anni quel mio nido paterno! Corsi alla casa, aimé deserta! Là sul margine del lago, ove tutto il giorno sentivo un picchiar di martelli, conficcar di chiodi, strisciar di pialle, stridere di seghe, stendersi di pece per fare le barche, su cui passarono metà della vita i miei parenti; e dove ritrovavo la scuola più santa dopo il cristianesimo, quella dell’onesta fatica, del divenire utili, indipendenti, perseveranti; scuola che meglio d’ogni filosofia e d’ogni epicureismo può procurare la felicità.
(…)
Stetti fisso delle mezz’ore alle non più minacciose, anzi minacciate mura del castello, che tante volte ho assalito alla testa di dodici o quindici garzoni, con berretto di carta e spada e cavallo di legno a guisa d’un rivoluzionario.
(brano tratto da Sull’Adda di Cesare Cantù – Nodo libri)
disegno di GVMass