Abbiamo dedicato l’ultima parte delle festività natalizie a una breve esplorazione della parte alta del Lario, accompagnati dai ricordi che alcuni di noi avevano da bambini.
Qualcuno c’era poi stato di passaggio per apprezzare la bresaola di Chiavenna o per andare in Engadina, qualcuno per lavoro o in campeggio a Colico, ma quello che abbiamo trovato organizzandoci un piccolo tour in auto e a piedi, ancora una volta, è andato ben oltre i luoghi comuni e le nostre aspettative.
DA BELLANO A GRAVEDONA
Trascurando una volta tanto l’Orrido, la prima tappa è stata Bellano alla ricerca dei luoghi dove hanno preso vita i personaggi di Andrea Vitali e dove le tradizioni sembrano resistere al tempo.
La Chiesa di SS. Nazario e Celso, una chiesa antica che sembra messa a protezione del famoso Orrido.
Da Bellano a Corenno Plinio
CORENNO, UN EMPATICO BORGO TRA STORIA E TRADIZIONE
Leggiamo nella guida datata 1877 “Como, il suo lago, le sue valli” di Antonio Balbiani che da queste parti ci è nato:
“Corenno, di greco suono, con un castello del XVI secolo appartiene ai conti Andreani, dei quali era quel che primo ardì in Italia avventurarsi ad un volo aerostatico (…) Il paese conta 221 abitanti, ha una conceria di pellami e vanta la degna villa dei conti Sormanni Andreani. Non manca Corenno di una buona osteria del Calvi, dove si ha trattamento ad uso famiglia, comodi alloggi e anche stanze mobigliate.”
Noi, 140 anni dopo rispetto alla prima pubblicazione della Guida, lasciato alle spalle Bellano che avevamo visitato anche con la segreta speranza di incontrare Andrea Vitali in qualche bar per la pausa caffè, abbiamo continuato il nostro programmato tour verso nord fermandoci, su consiglio di un conoscente, a Corenno Plinio nel comune di Dervio.
Ed è qui che, pur accolti da un castello non in uno straordinario stato di forma, ci siamo ritrovati in un sorprendente e piccolissimo borgo medievale, dove il tempo pare essersi fermato e dove sembrano armoniosamente convivere storia, arte, natura, tradizioni e cucina.
Il paesino ricorda un po’, forse, Torno, per via delle scalinate, dei portici, delle viuzze e per il suo affacciarsi sul lago, ma un’aria di calda accoglienza sembrava voler attirare i turisti (in questo caso noi, altri non c’erano) con i suoi angoli antichi e i suoi bei presepi allestiti, per l’occasione, fuori quasi da ogni uscio, dentro quasi ogni anfratto.
Da visitare il borgo medievale, costruito nella roccia e che si affaccia sul lago, quel che rimane del castello e la chiesa romanica, e risistemata in periodo gotico, di San Tommaso di Canterbury, ma soprattutto cercare di farsi coinvolgere dalle grandi suggestioni di questo piccolo angolo di mondo antico, cristallizzato nel tempo.
Abbiamo terminato coerentemente la nostra visita, appena fuori dal borgo, pranzando al ristorante Il Crottino (www.crottino.it), seguendo una dieta a base di pizzoccheri e Sassella. A un prezzo da mensa milanese. Da tornarci.
Da Corenno Plinio all’abbazia di Piona
PIONA, IL PROMONTORIO DEL SILENZIO
C’eravamo già stati tanti anni fa e il nostro ricordo era vago e distorto come lo sono spesso i ricordi. Questa volta invece di raggiungere l’abbazia di Piona in traghetto da Como ci siamo arrivati in auto, raggiungendo il piccolo borgo abitato di Olgiasca, in cima al promontorio che la ospita. Parcheggiata l’auto vicino alla chiesa del paesino, abbiamo cercato e imboccato a piedi il sentiero n.7 (cartello segnaletico bianco e rosso), introdotto da un passaggio ad arco che sembrava quasi volerci suggerire che stavamo lasciando il presente attraverso un passaggio spazio-tempo. Ed così che abbiamo potuto apprezzare meglio la baia di Piona dall’alto e il promontorio che ospita il priorato di Piona, il tutto camminando su un facile sentiero accompagnati da un silenzio quasi irreale.
Una volta terminato il percorso, l’abbazia dalla splendida vista panoramica sul lago ci ha accolto con quel suo fare serio e austero, forse consapevole di essere, dal 1138 anno della consacrazione, un piccolo gioiello dell’architettura romanica lombarda.
La si può raggiungere direttamente in auto o in battello, ma arrivarci a piedi dal sentiero che attraversa le sue terre è stata un’esperienza quasi mistica.
Terminata la visita, e acquistato alcuni prodotti realizzati dai monaci, siamo ritornati dalla carrozzabile, fino a raggiungere velocemente l’auto parcheggiata. La torre di Fontanedo e il suo borgo dimenticato ci stava aspettando.